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## Tour
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tour.name = Villa Zito
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HTMLText_0112804E_3D88_38CA_41C2_C345BC485B09.html = L’eruzione dell’Etna nel Novecento siciliano
Prof. Sergio Troisi, storico dell’arte
L’Ottocento siciliano
Prof. Sergio Troisi, storico dell’arte
Il paesaggio siciliano in Francesco Lojacono
Prof. Sergio Troisi, storico dell’arte
I Suonatori di Bernardo Strozzi
Dott. Claudio Gulli, storico dell’arte
Cristo e la Samaritana di Mattia Preti
Dott. Claudio Gulli, storico dell’arte
BENVENUTO NEL TOUR VIRTUALE DI VILLA ZITO!
“Hinc lites, strepitus, curae, hinc procul ite cadentes; hic reparent animos otia, rura, quies”
Restino lontane le liti, gli strepiti, gli affanni; qui diano riposo all’animo la pace, le campagne, la quiete
IL MUSEO
Settecentesca “casena”, acquistata poi dai principi di Carini secondo la moda delle dimore fuori le mura, Villa Zito prende il nome da uno degli ultimi proprietari, Francesco Zito Scalici, che acquistò l’edificio nel 1909. Il Banco di Sicilia la acquisì nel 1926, facendone nel 1983 sede espositiva delle proprie collezioni artistiche.
La Fondazione Sicilia nel dicembre del 2005 ha acquistato la villa e successivamente ha affidato il restauro e la risistemazione dell’edificio all’Architetto Corrado Anselmi. Gli spazi espositivi sono dedicati alla conservazione e all’esposizione al pubblico della sua ragguardevole Pinacoteca e di una selezione di opere grafiche.
Il coordinamento di tutte le attività, la gestione dei servizi museali e la promozione culturale di questo nuovo spazio sono affidati a Civita Sicilia.
BENVENUTO NEL TOUR VIRTUALE
DI VILLA ZITO!
“Hinc lites, strepitus, curae, hinc procul ite cadentes; hic reparent animos otia, rura, quies”
Restino lontane le liti, gli strepiti, gli affanni; qui diano riposo all’animo la pace, le campagne, la quiete.
IL MUSEO
Settecentesca “casena”, acquistata poi dai principi di Carini secondo la moda delle dimore fuori le mura, Villa Zito prende il nome da uno degli ultimi proprietari, Francesco Zito Scalici, che acquistò l’edificio nel 1909. Il Banco di Sicilia la acquisì nel 1926, facendone nel 1983 sede espositiva delle proprie collezioni artistiche.
La Fondazione Sicilia nel dicembre del 2005 ha acquistato la villa e successivamente ha affidato il restauro e la risistemazione dell’edificio all’Architetto Corrado Anselmi. Gli spazi espositivi sono dedicati alla conservazione e all’esposizione al pubblico della sua ragguardevole Pinacoteca e di una selezione di opere grafiche.
Il coordinamento di tutte le attività, la gestione dei servizi museali e la promozione culturale di questo nuovo spazio sono affidati a Civita Sicilia.
L’Ottocento siciliano
Prof. Sergio Troisi, storico dell’arte
L’eruzione dell’Etna nel Novecento siciliano
Prof. Sergio Troisi, storico dell’arte
Cristo e la Samaritana di Mattia Preti
Dott. Claudio Gulli, storico dell’arte
I Suonatori di Bernardo Strozzi
Dott. Claudio Gulli, storico dell’arte
Il paesaggio siciliano in Francesco Lojacono
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Mettete alla prova la vostra abilità e la vostra passione per l'arte, occhio al dettaglio!
CACCIA AL DETTAGLIO
Si parte da un dettaglio qualsiasi, talvolta di poco conto, e senza volerlo si giunge a scoprire grandi princìpi."
Georges Simenon
CERCA IL DETTAGLIO ALL'INTERNO DEI QUADRI UTILIZZANDO LA LENTE DI INGRANDIMENTO
Benvenuti a villa Zito
Entra nel tour
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CERCA IL DETTAGLIO ALL'INTERNO DEI QUADRI UTILIZZANDO LA LENTE DI INGRANDIMENTO
CACCIA AL DETTAGLIO
"Si parte da un dettaglio qualsiasi, talvolta di poco conto, e senza volerlo si giunge a scoprire grandi princìpi."
Georges Simenon
Questo è l'ottavo dettaglio!
Cerca il prossimo:
Nasco dal mare, come la greca Afrodite,
dai fiumi e dalle acque, nei libri lo dite,
figlia dei molluschi ma son fatta di calcare,
eppure in tutto il mondo mi si sa apprezzare.
Un regalo per signore, che ricopro di splendore
Con me un semplice abitino diventa sopraffino
Son persino un complimento,cose rare rappresento!
In questo quadro io non manco,
il fondo è tutto un nero manto:
l’espediente non è male, per dar luce all’essenziale!
Questo è il nono dettaglio!
Cerca il prossimo:
Ma è l’Apocalisse!
Di certo lo è, oltre alla lava non si vede granchè:
È il millenovecentottantatre.
Scorre a fiumane, invade la roccia,
Tramuta in fuoco ogni cosa che tocca.
Venuto ero qui, come Walden nei boschi,
Che ora si tingon di toni sì foschi.
gli amici atterriti ed io cerco lesto ,
una via, un sentiero che ci faccia uscir presto!
Capisci chi sono tra quei forestieri?
Se vuoi un aiuto te lo do volentieri:
Erutta il vulcano, non serve che spieghi
Che immane è il calore sotto i miei piedi,
e a me stesso dico, con tono sommesso,
“intanto è meglio se mi confesso!
E se trovo una via, se prima non muoio,
spero le suole sian fatte di cuoio!”
Questo è il settimo dettaglio!
Cerca il prossimo:
Armonia vespertina è una dolce donzella
che giace distesa, formosa e assai bella;
la luce blu e verde
in cui il contorno si perde
non devi lasciare che ti possa ingannare!
Aguzza lo sguardo chè voglio sapere
la tenda scostata cosa lascia vedere:
la tavola è imbandita dietro il bel figurino,
c’è un servizio di porcellana bianco e azzurrino;
un coltello da burro e un fiasco capiente,
ma più che la pancia io vorrei saziar la mente!
Questo è il terzo dettaglio!
Cerca il prossimo:
Che quadro sublime, di rara eleganza!
Le foglie nell’aria fan quasi una danza;
la strada riluce di tenui bagliori
c’è anche un canuzzo che fiuta gli odori.
Tra una folla indistinta c’è chi passeggia,
qualcuno si attarda, un altro che ha fretta.
D’ autunno dorato uno dei pomeriggi
In cui Palermo sembrava Parigi.
Al centro una dama con l’ombrellino
Che compra di fiori un bel mazzolino:
ma, guarda bene, e vedrai che non è
la sola nel quadro a portarli con sé!
Questo è il secondo dettaglio!
Cerca il prossimo:
Si sente nell'aria di pioggia l'odore,
le nuvole grigie, non v'è traccia di sole
pozzanghere e fango fan come una scia
a cavallo soltanto due figure van via.
Ladro del sole son stato appellato
e qui, invero, l'ho proprio rubato.
In questo quadro molto applaudito
v'è un particolare a te assai gradito:
le tinte son fosche, soltanto due toni
brillanti e vivaci, contrastano i tuoni:
l’uno il corallo e le rose d’amore
l’altro di Persia rammenta il colore.
Questo è il quarto dettaglio!
Cerca il prossimo:
Terribile scena si apre ai tuoi occhi,
le barche sono tante, si aspetta che abbocchi
i tonni impazziti,
gli arpioni appuntiti
gli uomini attenti
armati fino ai denti:
il mare ribolle, la pesca è iniziata,
si chiude la camera in un’ imboscata.
Comanda il Rais,il capo tonnara,
affronta il periglio con perizia rara,
sai dirmi chi è , lui solo tra i molti,
tra file di barche e marosi sconvolti?
Questo è il sesto dettaglio!
Cerca il prossimo:
Candida candida nel fino abitino,
il viso di angelo e lo sguardo azzurrino,
la piccola dama in posa si è messa,
la veste ricca e l'espressione dimessa.
Se hai fatto il lavoro con attenzione
non farai fatica in questa tenzone:
un dettaglio accomuna, se la mente avrai fina,
la dama in nero e la bianca bambina"
Questo è il quinto dettaglio!
Cerca il prossimo:
Su un divano dorato,
su un guanciale piegato
lei siede altera
la sua veste è nera:
trova il dipinto ed ecco qui il resto:
guarda per terra e scrivi poi lesto
di quale animale è la pelle che vedi,
su cui, poverino!, lei poggia i suoi piedi"
Questo è il primo dettaglio!
Cerca il prossimo:
Si specchia nel mare il cielo turchino,
nel golfo quieto v'è anche un barchino;
v'è gente che torna dalla passeggiata
ed altra si suda la propria giornata.
Ai piedi del monte una grande dimora,
solenne in un parco, al sole s'indora.
Sai tu chi dipinse quel borgo silente
Nome assai illustre di pittore valente?
Dentro al quadro la mia firma è nascosta,
Trova il luogo dove l’ho posta.
Armando Pizzinato
Maniago, 1910 – Venezia, 2004
Mietitura
1952
olio su tela
Tra un cielo smaltato di azzurro e il giallo acceso di un campo di grano maturo si stagliano contadini al lavoro con la falce tra le mani, impegnati nella mietitura. Li definisce una pennellata netta e sicura; i tratti dei volti sono decisi, segnati dal tempo e dalla fatica. Le pose, i movimenti, richiamano la compostezza eterna delle tavole di Giotto, Masaccio, Paolo Uccello. I contorni sono secchi, decisi: ricordano a tratti le immagini dei tabelloni propagandistici di matrice cubo-futurista. Con il Fronte Nuovo delle Arti, Pizzinato rappresenterà la tematica realistica impegnandosi anche in seguito, nel momento della scissione, a proseguirne la ricerca rappresentando costruttori, contadini, saldatori: gli uomini nuovi di una rinascita apertamente e politicamente orientata.
Fausto Pirandello
Roma, 1899 – Roma, 1975
Tetti di Roma
1938
olio su tavola
Nel gennaio del 1931 Fausto Pirandello lasciò Parigi per tornare definitivamente a Roma, prendendo dimora nel palazzo umbertino di via Augusto Valenziani 5, a ridosso delle Mura aureliane, dove soggiornò fino al 1954. L’artista allestì uno studio all’ultimo piano, sulla terrazza condominiale, con vista sui tetti di Roma: sarà il punto d’osservazione prescelto per la serie dei Tetti di Roma, dipinti preferibilmente su tavola nell’arco di quindici anni, dal 1931 al 1945. Fedele all’anti novecentismo e al tonalismo della Scuola Romana, Pirandello “riprese” i tetti di Roma in vedute dall’alto che talvolta si spingono fino a includere sullo sfondo i monti Tiburtini. La gamma cromatica ruota intorno al colore ocra più affocato o più spento, o il grigio che lì divarica brevemente verso un rosso bruciato o verso un bianco impuro, che ha ancora il sentore della calce.
Renato Guttuso
Bagheria, 1911 – Roma, 1987
Eruzione dell’Etna
1983
olio su tela
In questo dipinto il vulcano appare come protagonista assoluto, oggetto unico di un’osservazione in bilico tra la fascinazione artistica e l’osservazione scientifica che tante volte lo ritrasse allo scadere del XVIII secolo: gli uomini, inermi, impotenti testimoni, lo osservano infatti dall’alto, semplici, fragilissime figurette nere letteralmente circondate dal rosso violento delle colate di lava, vere e proprie fiumane che drammaticamente li circondano, avviluppandoli in sinistri riflessi rosso cupo. Durata 131 giorni, l’eruzione del 1983 fu infatti talmente forte da distruggere tutti gli impianti sportivi e la funivia dell’Etna, ed è anche nota come il primo caso in cui si tentò (con successo, ma tra enormi polemiche) di deviarne la colata lavica per mezzo di esplosivo.
Camillo Innocenti
Roma, 1871 – Roma, 1961
Il vaso giapponese
1923
olio su tela
“Questo semplice ritratto di signora, che ha la vastità di una stanza – tanto son precise le dimensioni prospettiche di tutto quel che si vede – la stanza bianca ove l’artista lavora e ove pende la famosa tenda scura, qui trattata in una vigorosa gamma di grigi viola che dànno perfettamente la sensazione della stoffa leggera di seta nera; questo semplice ritratto ha un inesplicabile senso di regalità della donna, così gracile e così forte, così delicata e così imperiosa nel tenue profilo di mezze tinte. Una sola nota di colore, quella del vaso giapponese che dà il titolo al quadro, esalta la semplicità dell’armonia grigia” (Carelli, Seconda Biennale Romana 1923, p. 113) Il dipinto fu esposto nel 1923 alla Seconda Biennale Romana, dov’era posto in vendita al prezzo di £ 25.000. Nella sala 27 erano allestiti altri dieci grandi dipinti dell’artista e tre studi all’acquerello, ispirati per la gran parte ai recenti viaggi in Andalusia e in Oriente: Alla Corrida, Alla Feria, Sera sul canale Mahmudich, Sultana, Crepuscolo, Il vaso giapponese, Mabrouka.
Filippo de Pisis
Ferrara, 1896 – Milano, 1956
Natura morta con mele
1952
olio su tela
Si può affermare con certezza che la natura morta rappresenti per De Pisis il genere pittorico-letterario per eccellenza, prediletto sin dagli esordi. Ricoverato nella casa di cura per malattie mentali Villa Fiorita di Brugherio, dove ebbe il suo ultimo atelier, all’inizio degli anni cinquanta scompaiono i fiori, gli sfondi marini e gli omaggi artistici dei decenni precedenti e De Pisis ambienta le sue nature morte in un angolo di stanza, disponendo gli oggetti sul piano obliquo di un tavolo, tagliato dalla cornice del quadro e accentuando quella sua “stenografia pittorica” divenuta la sua maniera più tipica dal 1935. Qualche boccetta, tubetti, scatolette di fiammiferi, matite, stecchi; sembra dipinga con inchiostro e dentifricio, una carestia di materia che rende le sue pagine ancora più tenere e lampeggiate di quel dramma che rispecchia l’intima sostanza dell’uomo, ma con la grazia di chi accondiscende – fino all’ultimo – a tenere un diario delle proprie sensazioni poetiche.
Carlo Carrà
Quargnento, 1881 – Milano, 1966
Costruzione sulla spiaggia
1957
olio su tela
Il dipinto, realizzato durante la tarda maturità, appartiene a una serie di tele che l’artista realizzava durante i lunghi soggiorni estivi in Versilia: composizioni che reiteravano tematicamente i medesimi scorci, dando vita a un’ultima, lunga e approfondita revisione del proprio personalissimo trascorso pittorico. I quadri, preparati durante l’estate, venivano infatti completati nello studio milanese del maestro durante l’inverno. Nascono così, a partire dal 1926, queste vedute della Versilia: luoghi speciali, nei quali Carrà affermava di aver trovato gli incanti e le magie di un paesaggio che confaceva al suo più intimo sentimento, memore delle giovanili composizioni metafisiche. Non si tratta quindi di semplici copie dal vero, bensì di una vera e propria trasfigurazione di elementi descrittivi, ispirati dal reale stato delle cose e sottoposti a un forte processo di stilizzazione che permette loro di superare ogni superficialità esteriore ed essere così ricondotti all’essenza.
Galileo Chini
Firenze, 1873 – Firenze, 1956
Tempio buddista a Bangkok
1911-12
olio su tela
Il dipinto fu esposto per la prima volta, insieme a un vasto gruppo di quadri eseguiti durante il soggiorno in Siam, nella sala personale di Chini alla XI Biennale di Venezia, nel 1914. Recatosi in Siam nel giugno 1911, chiamato dal re Rama V per affrescare il Palazzo del Trono costruito dall’architetto Annibale Rigotti – l’Ananta Samakhom Throne Hall – con scene della dinastia siamese, Chini vi era rimasto quasi tre anni, salvo un breve ritorno in patria nel 1912, sviluppando a contatto con l’Oriente un sentimento di colore esuberante, schiarito e depurato in toni dalla luminosità calda e sensuosa. Il divisionismo, già piuttosto liberamente interpretato nel decennio precedente, si scioglie in una pennellata autonoma, in colori “di patina fosforescente” accostati con una grande libertà compositiva. È l’inizio per Chini di un nuovo periodo, post-simbolista, che mostra una singolare analogia con quello di Bonnard, Vuillard e gli altri pittori già del gruppo dei Nabis, che nel nuovo secolo abbandonano anch’essi le matrici simboliste per entrare in uno scavo della realtà scoperta nelle sue risonanze “interiori”.
3. Michele Catti, Piazza d’autunno, 1910
olio su tela, 84,5 × 150 cm
Realizzata negli ultimi anni di vita dell’artista, questa crepuscolare e malinconica veduta cittadina potrebbe raffigurare viale della Libertà a Palermo, luogo prediletto del passeggio cittadino e ambientazione amata e ricorrente nelle tele realizzate da Catti in questi anni di inizio secolo. Gli alberi sullo sfondo, l’atmosfera
fredda e ancora umida di pioggia, le figure sapientemente tratteggiate, gli abiti e gli atteggiamenti graziosamente ammiccanti dei passanti e della giovane venditrice di fiori in primo piano, rivelano l’insegnamento di Francesco Lojacono, tradotto nella consistenza materica di un’attenzione impressionistica per luci e forme.
Giuseppe Sciuti
Zafferana Etnea, 1834 – Roma, 1911
Ritratto della nuora
1901
olio su tela
La tela costituisce il secondo e più imponente ritratto eseguito da Sciuti alla nuora, Giuseppina Zurlo (1873-1929), moglie del primogenito Eugenio. A figura intera, la donna è seduta sul divano e inserita entro uno scorcio domestico minutamente descritto, il salotto della sontuosa residenza romana del pittore e famiglia in via dei Villini n. 10. Giuseppina è incinta di Letizia, la cui nascita imminente è allusa dal gioco di putti che decora la parasta sulla destra. Ha indosso un sontuoso abito nero bordato di raso, arricchito, sul collo e sul busto, da un leggero merletto a balze; guanti bianchi e bracciale d’oro. Il libro chiuso sul divano, a sinistra, suggerisce cha abbia appena interrotto la lettura. Accuratamente definita da sottili strati di colore, la figura scura della donna si staglia con ampio risalto contro i toni caldi del divano e del cuscino di raso, mentre una pelle d’orso bianco, in primo piano, resa con pennellate dense e pastose, ne sottolinea la distanza dal piano limite del quadro.
Aleardo Terzi
Palermo, 1870 – Castelletto sopra Ticino, 1943
Armonie Vespertine
1921
olio su tela
Pittore, illustratore, cartellonista, decoratore, ceramista, scenografo, costumista, disegnatore di mode e di mobili e incisore, Aleardo Terzi era passato dalla pittura di macchia al divisionismo, unendosi all’inizio del Novecento al gruppo romano dei seguaci di Giacomo Balla, precoce sperimentatore della nuova tecnica, formato da Enrico Lionne, Camillo Innocenti e poi Arturo Noci, Crema e Barricelli. La tecnica prediletta, derivata da Signac, è quella della divisione del colore ottenuta a gocce o a tassellatura, di grana grossa, cui fa riferimento la celebre Ragazza che corre sul balcone di Balla (1912, Milano, Museo del Novecento). Terzi mise insieme le sperimentazioni cromatiche del tardo-impressionismo con il gusto salottiero e intimista proprio di alcuni maestri di quell’ambito, ma soprattutto del gruppo parigino dei peintres de la femme, da Boldini a La Gandara. Elaborò così una pittura particolare sia per la tecnica – una specie particolare di divisionismo – che per i temi trattati– la femmina borghese, dama o cocotte, raffigurata nel chiuso dell’alcova o nella discreta penombra del salotto – dando luogo a una vera e propria corrente di gusto.
Antonino Leto
Monreale, 1844 – Capri, 1913
La pesca del tonno (La mattanza a Favignana)
1887.
olio su tela
La grande tela realizzata per Ignazio Florio e portata a termine, dopo una lunghissima elaborazione, nel 1887, rappresenta il movimentato e turbinoso spettacolo della pesca dei tonni. A Favignana, Leto aveva assistito a questo evento meditando di tradurlo in una raffigurazione dal potente coinvolgimento emotivo.
Il pittore ricorre a un severo impianto compositivo che ha il suo centro nelle figure in piedi sulla barca in primo piano. Leto ricrea l’agitazione del mare ove si dibattono i pesci, per poi ritrovare un minuzioso tenore descrittivo nelle immagini di pescatori e di astanti sulla banchina, nella calma distesa del mare aperto. Il punto di vista ribassato esalta il pathos che permea il dipinto, davvero spettacolare nella sua straordinaria forza espressiva, resa ancor più eloquente dai raffinati effetti di controluce utilizzati.
Ettore De Maria Bergler
Napoli, 1850 – Palermo, 1938
Ritratto di Giovannina Florio
1875-1880
pastello su carta
Il fondo di tenuissimo azzurro, vibrante di delicate nuances, sembra accogliere con tenerezza la bambina raffigurata nel prezioso abitino acquistato per lei a Londra dalla madre e che dà l’impressione di essere troppo ampio e pesante per l’eterea snellezza della piccola dalla grazia compunta, i grandi occhi celesti pervasi di malinconia. Più che un ritratto vero e proprio, il dipinto rappresenta un’immagine-ricordo dolorosamente toccante di Giovanna Florio, morta nel 1902 appena novenne. Per restituire in tutta la sua patetica evanescenza la fisionomia della bimba, De Maria ricorre al pastello, mezzo di trasposizione che gli è congeniale e grazie alla sua abilità, l’artista compie “un prodigio di tecnica”. All’eleganza composta della posa esemplata su una tradizione illustre che risaliva alle immagini regali del Cinquecento, le mani unite in grembo a reggere i guanti, la gamba sinistra appena avanzata in un accenno di passo, si coniuga con perfetta armonia l’impostazione cromatica giocata sulla gamma variata dei bianchi accostata al cilestrino dello sfondo su cui l’andamento filamentoso del pastello produce le uniche ombre che rompono l’uniformità della luce diffusa nel dipinto.
Ettore De Maria Bergler
Napoli, 1850 – Palermo, 1938
Cavalli alla foce
1891
olio su tela
Immerse nel cielo rosato di un crepuscolo estivo, le figure dei cavalli bardati secondo il costume siciliano si stagliano in primo piano, alla foce del fiume Oreto, stabilendo i rapporti metrici e spaziali della scena. Oltre alle loro sagome, rese ancor più imponenti dal prezioso effetto di controluce, la visione si dilata fino all’orizzonte basso e lontano, a suggerire la vasta distesa del mare calmo e l’ampiezza sconfinata del cielo carico di nuvole. Traspare anche il tono trasognato di una certa pittura orientalista, divenuta sempre più attuale nel prosieguo del secolo, e nota all’artista che aveva senz’altro avuto l’opportunità di conoscerla nei suoi viaggi in Italia e all’estero (uno dei quali, nel 1883, in Algeria, che gli aveva dato la possibilità di conoscere dal vero quei luoghi subendone il fascino).
4. Michele Catti, Marina (strada lungo il mare), 1900-1910, ca.
olio su tela, 75 × 170 cm
Realizzata con tutta probabilità nel primo decennio del 1900, la tela restituisce da un lato, una precisa percezione del dato reale – una strada che costeggia il mare, colto in raffinati tocchi di pennello sulla cui liscia superficie alcune barche scivolano in una silenziosa attività di pesca – dall’altro troviamo, avvolgente, la vibrazione della luce, capace di mescolare con sottile lirismo il filo dell’acqua con l’aprirsi vastissimo del cielo che contemporaneamente si riflette nelle pozzanghere, sulla strada a sinistra. Il giorno – potrebbe essere una serata d’estate, appena dopo un temporale – si vela così di una luce malinconica, sottilmente languida: una visione lirica dell’elemento reale che si accompagna a una solida costruzione spaziale, memore qui, soprattutto, dei tocchi di internazionalismo della pittura del conterraneo Antonino Leto e, soprattutto, di Giuseppe De Nittis, di cui risente, per esempio, la costruzione prospettica della strada, segnata dal passaggio di carri e dai riflessi del cielo.
Luca Giordano
Napoli, 1634 – Napoli, 1705
Giuditta con la testa di Oloferne
1660-1670 ca.
olio su tela
Il tema di Giuditta con la testa di Oloferne fu ripetuto da Giordano anche in un affresco, perduto, al Gesù Nuovo di Napoli (1687) e nella Cappella del Tesoro nella certosa di San Martino (1703), la più importante delle imprese decorative del maestro. Tuttavia, se il soggetto dei due affreschi napoletani è da identificare nel trionfo dell’eroina che ostenta il trofeo al popolo ebraico, in quest’opera – un unicum nel pur vasto repertorio iconografico del pittore- è rappresentato il momento in cui Giuditta, nella tenda, ha appena decollato il generale assiro, il cui capo sarà di lì a poco riposto nel sacco offerto dall’ancella. L’ambientazione notturna della scena è ravvivata da accensioni cromatiche realizzate per mezzo di pennellate fluide e imbevute di colore, che riflettono la conoscenza della pittura veneta.
Francesco Lojacono
Palermo, 1838 – Palermo, 1915
Dopo la pioggia
1884 ca.
olio su tela
La resa ambientale è talmente realistica, e l’illusione del vero è così perfetta, che “un tale […] diceva che a posare una mano su quella tela si correva il rischio di bagnarsela; quel dipinto infatti illudeva la vista ed anche l’odorato; quella lì era acqua di recente piovuta, e la terra esalava quell’acre odore che suol produrre la pioggia cadendo sopra un suolo lungamente arso dal sole” (Lo Forte Randi 1892b, p. 2).
Il successo del quadro fu tale che Lojacono eseguì, nello stesso anno, una seconda versione acquistata dai Florio, nella cui collezione si trovava probabilmente anche questo dipinto. La tela costituisce una replica con varianti di dimensioni ridotte del dipinto di grande formato presentato da Lojacono nel 1884 alla XLIII Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Torino sotto il titolo Dopo la pioggia (campagna siciliana).
Francesco Lojacono
Palermo, 1838 – Palermo, 1915
Veduta dell’Acquasanta
1864-1866 ca.
olio su tela
Questa veduta strutturata orizzontalmente mostra a sinistra il forte risalto roccioso sul fianco meridionale del monte Pellegrino, al centro la neoclassica villa Belmonte che spicca tra il verde della collina, più in basso
un esteso caseggiato che si riflette sulla tranquilla distesa marina percorsa da due barche a diporto. Sul promontorio, a destra si riconosce il coronamento del villino Downville (oggi distrutto), mentre sulla punta estrema della scogliera spicca il tempietto circolare sorto come falsa rovina classica dell’immenso parco “all’inglese” di Villa Belmonte, oggi inglobato nelle strutture di Villa Igiea, i cui lavori iniziarono nel 1898.
L’artista tornò su questo soggetto nel 1889, esponendo Acqua Santa alla II Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Palermo e La spiaggia presso Palermo denominata Acquasanta all’Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Firenze.
Mattia Preti
Taverna, 1613 – La Valletta, 1699
Cristo e la Samaritana
1660 ca.
olio su tela
Mattia Preti, tra i geni pittorici del Seicento italiano, realizza questo capolavoro per una quadreria nobiliare. La sapiente e calibrata rappresentazione di Cristo che, stanco dal viaggio verso la Galilea chiede a una Samaritana di offrirgli da bere l’acqua del pozzo di Giacobbe, e di quest’ultima che gli porge la brocca, è il frutto della maturità dell’artista, unanimemente riconosciuta dalla critica. La tavolozza vira verso toni più chiari rispetto ai modelli caravaggeschi, preludendo agli sviluppi futuri della pittura meridionale. L’opera fa parte del periodo napoletano dell’artista, durante il quale il pittore realizza numerosi lavori monumentali ad affresco e su tela.